Sunday, November 2, 2008

An Italian Vistor to Pegoretti















My friend Alessandro from Verona sent me the text of an Italian cyclist's ("ser percora") visit report to Dario Pegoretti. He had some nice photos accompaning his report; these appear above. You can find reports, in English, of my two visits by searching within my blog for Pegoretti.




Here, in Italian, is ser percora's report:






90 kg di arrosto e niente fumo. Ecco definito Dario Pegoretti, lafaccia dell'artigianato italiano all'estero. Non l'arrosto della nonnapero',con la salvia ed il rosmarino, ma un arrosto esotico, cucinatocon strane spezie esotiche ed introvabili; spezie che una voltaassaggiate fanno sembrare l'officina di Caldonazzo l'isola Chenonc'é,sospesa tra le nuvole basse che scendono dai monti e le brume chesalgono dal lago in questo caldo Gennaio.L'uomo si tradisce continuamente e tutto nel'officina/atelier di Dariotradisce qualcosa di fuori dal normale nell'ambiente: sarà la musicajazz che fuoriesce da uno stereo valvolare ("manie"), sarà per lalivrea psichedelica dei responsorium (l'ultimo telaio sfornato daDario) in verniciatura, sarà per il cane Jack che mi segue ovunque emi annusa sospettoso, sarà per la cucina ricavata in mezzo a banchi disaldatura e dime , sarà.....sarà, ma in quel di Caldonazzo c'èqualcosa di diverso.Qui le bici nascono in una famiglia particolare, come quelle di queifigli fortunati che si ritrovano genitori artisti e giramondo e senzasforzo conoscono posti, persone e lingue che gli altri devono studiarecon fatica e con risultati che non saranno mai gli stessi.I figli viziati di Dario Pegoretti si chiamano Duende, Big Leg Emma,Love#3, GGM, Marcelo, Responsorium etc... fino ad arrivare a Luigino,che è il figlio primogenito, quello saggio e posato che è anche un po'secondo padre degli altri, quello che ha ereditato tutto e continua lastoria di famiglia.Luigino, come il nome del maestro e suocero di Dario, Luigino Milani,l'uomo che gli ha insegnato "come si fa", secondo i dettami dellascuola Veronese, Veneta, Italiana Perchè alla fine, ai saloni"dell'hand made"in giro per il mondo, a fare bella figura, a farcifare bella figura ci va lui, il Luigino, mica altri. Perchè alla fineson tutti bravi a parlare di tradizione, artigianato, "fatto amano"....ma poi conta quello che fai, quello che sai fare, "perchèvendere è difficile, ma prima devi costruire quello che poi vendi" midice Dario mentre si beve il 2° caffé in 45 minuti (nel mondo di oggifatto tutto di "immagine e PR" mi suona strano, ma lui lo dice come senon potesse che essere cosi'...). Se lo beve di fretta il caffè,mentre "frigge" a stare seduto e parlare: si muove, si alza, sigratta. Inquieto. Il tempo della riflessione è di notte, non quandodorme, ma quando si mette alla scrivania e nella quiete dellaCaldonazzo notturna tira fuori dal cilindro nuove grafiche, nuove ideeper vestire i suoi figli viziati (come in questo caso: da delleetichette pasticciate sotto al tavolo, al pc, all'idea finita.








Non é un tipo paziente, come non sono pazienti le sue bici: trasudanovoglia di correre, bici "da corsa" per eccellenza; in tutti i sensi."Bici di corsa", come di corsa è Dario. Mi fa ridere mentre, parlandodi un telaio di Darryll McCullogh costruito in 200 ore di lavoro, midice: "non ci riuscirei mai, per farcela mi servirebbe il Lexotan".Troppe cose da fare per restare 1 mese su un telaio solo. A Caldonazzosi lavora a ritmo di Jazz sincopato, non di sinfonie wagneriane da 8h.Ogni strumento nella sua officina/atelier lo fa capire: da l'idea chequalcuno sia appena dovuto scappare per una attaacco aereo dovendolasciar l'attrezzo che aveva in mano per salvarsi la pelle. Ma aguardar bene si capisce che c'è un ordine. L'ordine dell'impellenza,quella di saldare un telaio alle 4 di mattina se gli gira cosi'.





E' l'ordine quasi perfetto pero'. Quello di chi sa cosa fa e saspiegare perchè lo fa e perchè lo fa proprio cosi'. Senza venderecaxxate o con giri di parole, anzi con 2 "porchi" ben piazzati chefanno tenere i piedi ben piantati per terra.Come mentre mi analizza al computer le foto di un pezzo unico, unLuigino "one of a kind", che sotto una sottile vernice bianco perlatomostra (con numerosi ingrandimenti) delle minuscole imperfezioni.Dario è impietoso: si analizza capendo che quella cosa insignificanteè un solco fatto dalla carta vetrata da 600. Si poteva fare meglio?"Si, con la 1000, ma poi mi ci voleva il Lexotan".Appena Dario mi chiude il portone verde alle spalle dopo avermisalutato il silenzio della sera a Caldonazzo è surreale. Uscireall'officina di Dario Pegoretti è come uscire da un vortice in cui simischiano colori, ricordi, suoni, emozioni, esperienza, in un mixirripetibile.Sembra di uscire da un disco degli Ozric Tentacles. E cosi' che me netorno a casa mentre intravedo le montagne scure sopra di me ed il lagoaltrettanto scuro sulla mia sinistra e ripenso alla stretta di manocon cui mi ha salutato Dario e quanto abbiano fatto quelle mani per latradizione italiana.

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